Aborto e psicologia nella donna.
Il dolore della perdita: il trauma post aborto, questo sconosciuto.
Aborto Psicologia e Aspetti correlati
Di aborto e perdita perinatale se ne parla ancora troppo poco, eppure è sempre più frequente.
Una gravidanza su 4 purtroppo si interrompe spontaneamente e lascia nella donna un mix di sensazioni che non è possibile rielaborare attraverso il silenzio, ciò che spesso accade.
La gravidanza è per una donna un momento evolutivo importantissimo. Essa rappresenta, difatti, il passaggio dal ruolo di figlia a quello di madre, definendo così una nuova identità.
Molte sono le emozioni e i vissuti psicologici che vi si associano che vanno dalla grande gioia alle insicurezze del cambiamento.
Psicologia aborto spontaneo
L’interruzione di una gravidanza a causa di un aborto spontaneo solitamente viene definito dai medici come una sorta di “selezione naturale” che si verifica con più probabilità nei primi tre mesi di gestazione.
Nonostante capiti non poco di rado, le donne si trovano a vivere questo momento così faticoso e delicato con una sensazione di solitudine, come se fossero le sole a subirlo.
Esse provano, inoltre, sentimenti di colpa e responsabilità per l’accaduto, di impotenza, incredulità, tristezza, dolore immenso.
È possibile associarlo ad un vero e proprio trauma, alla stregua di un lutto, poiché si tratta innegabilmente di una perdita.
Anche se per poco tempo, la donna in quelle prime settimane ha già cominciato a “sentirsi madre” ed ha già costruito nella sua mente questa nuova identità a cui si stava preparando.
Apprendere dal medico ginecologo che la gravidanza non è andata a buon fine è un vero e proprio shock, un fulmine a ciel sereno che squarcia la percezione in un “prima e un dopo”.
Prima incinta, dopo non più.
Spesso, quando la donna non ha l’espulsione naturale, si ricorre alla procedura di raschiamento.
Questo somma alla dimensione emotiva difficile sopra descritta, i timori fisiologicamente legati all’intervento chirurgico.
Sebbene si tratti di una rapida procedura svolta in day hospital, è il vissuto con il quale lo si affronta ad amplificarne negativamente la percezione.
Il Vuoto fisico e mentale
La sensazione più difficile da affrontare è quella del rientro la sera a casa: è comprensibile sentirsi svuotate.
Non si è più incinta, quando invece la mattina lo si era ancora.
Questo passaggio non è affatto semplice ma rappresenta poi in realtà la possibilità di un “nuovo inizio” per la donna.
Da quel momento, però, deve necessariamente concedersi di “passare in mezzo” al suo vissuto doloroso e rabbioso se intende poi rialzarsi e procedere più resiliente.
Minimizzare, cercare subito di distrarsi senza ascoltare e vivere i propri vissuti, senza dare loro uno spazio, ascoltando i commenti esterni del “capita” o del “stavolta è andata male, la prossima andrà bene”.
Oppure ancora: dell’ “adesso cerca di distrarti un po’ e non ci pensare”, non è propriamente risolutivo, anzi.
Adesso è capitato a te, va elaborato e metabolizzato, non sotterrato.
È più probabile così che si resti ferme lì, senza riuscire ad andare “realmente avanti”.
Questo vissuto doloroso inespresso può trasformarsi in un blocco o peggio in una rinuncia a perseguire il proprio obiettivo di diventare mamma poiché si è sofferto molto e quindi non si vuole più ripetere l’esperienza di restare incinta.
Psicologo aborto: un supporto necessario
Un supporto emotivo in questa fase può rivelarsi molto efficace, se non fortemente consigliato.
E’ fondamentale sentirsi “accolte” in uno spazio tutto per sé in cui fare emergere il non detto e tutto ciò che ci si porta faticosamente dentro.
Tutto ciò serve a prevedere, auspicabilmente, anche il coinvolgimento del partner, la cui sofferenza non deve assolutamente essere posta in secondo piano.
Il terapeuta breve strategico può offrire, come non mai in queste situazioni, il proprio valido supporto, empatico e pragmatico allo stesso tempo.
Non restare in silenzio, sono in tuo ascolto.