Psicologia del dolore
In merito alla psicologia del dolore c’è una frase che ricorda:
Se vuoi venirne fuori devi passarci nel mezzo, toccare il fondo per poi riemergere (Robert Frost)
Il dolore, prima o dopo nella vita, bussa alla porta di tutti. Un’esperienza traumatica, una forte delusione, una perdita straziante, un passato inaccettabile…
“No, le cose non dovevano andare così”.
Come agisce il dolore
Eppure è accaduto. Il dolore è un’ emozione primaria, la più disarmante, ma tutti noi siamo dotati geneticamente di una capacità adattiva per affrontarlo e superarlo al meglio.
Dicesi Resilienza la “Capacità di un individuo di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici e di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà”.
Tuttavia, alcune esperienze dolorose vissute possono lasciare in eredità un bagaglio che continuiamo a portare pesantiente sulle spalle, nel presente, invalidandolo.
Quando queste ferite non vengono cicatrizzate del tutto, di tanto in tanto possono tornare a sanguinare e ad impedirci di vivere liberamente la nostra vita, sia al livello individuale che relazionale.
L’uomo moderno cerca a tutti i costi di evitare il dolore, di controllarlo in tutti i modi per evitare e scongiurare la faticosa sofferenza.
Certo, chi è che desidera soffrire volontariamente?
Positivo o negativo?
Ma il dolore non è un’emozione da demonizzare, anzi.
Spesso è proprio da lì che si ri-parte : è il trampolino emotivo di lancio, è utile per rafforzarci e guidarci a costruire la capacità di assorbire gli urti della vita.
Solo quando ci “concediamo di soffrire” e di fare i conti interiormente con ciò che proprio non riusciamo ad accettare che abbiamo la possibilità di risorgere gradualmente da questo “lutto”.
Una delle tentate soluzioni più comuniente usate, poiché apparentiente più protettive, è fare come cerca di fare L’uomo moderno:
- sforzarsi di non pensarci
- soffocare le emozioni che proviamo
- la modalità dello “struzzo”: non voglio vedere
- coprire con la rabbia tutto ciò che non posso cambiare e che non accetto (un forte dolore)
E quale sarà l’effetto?
Essere inchiodati ancora di più a quel ricordo, a quel dolore, a quella sofferenza non espressa.
Le tentate soluzioni sono solo tamponi ma la ferita è ancora aperta.
È terapeutico fare quel passetto indietro per andare a sciogliere ciò che impedisce di guardare al presente e al futuro con occhi liberi.
Un pó come quei film dove il protagonista ha l’arduo compito di ritornare nel passato per farci i conti. E solo questo gli permetterà il lieto fine del presente libero e sereno.
La psicologia del dolore nella terapia breve strategica
La Psicoterapia Breve Strategica si pone proprio questo obiettivo:
- rimettere il passato nel passato, al tipo a cui appartiene, per evitare che faccia irruzione nel presente,
- e cominciare a guardarlo con occhi diversi, nuovi.
La priessa è questa: ciò che non ha funzionato, non rappresenta la soluzione per venirne fuori.
Quando si cerca di inibire l’emozione dolorosa, di soffocarla o di minimizzarla, paradossalmente, ci si ritorce contro.
Così diventa l’ombra molesta della vita che, certo, continuiamo a vivere ma sipre con uno zaino troppo pesante sulle spalle, che dobbiamo imparare ad alleggerire.
Il dolore, dunque, deve essere sipre ascoltato. Ed è fondamentale, inoltre, dargli uno spazio per permettergli di “decantare”.
La TBS prevede delle indicazioni strategiche costruite ad hoc.
La terapia breve strategica, infatti, consente di riorientare ed utilizzare il potere catartico e rafforzativo dell’emozione primaria del dolore.
Quest’ultima rappresenta una tra le più utili per la sua grande forza trasformativa.
“C’è un Araba Fenice in ognuno di noi. Ogni dolore porta ad una rinascita”.
Anche nel dolore puoi trovare la via d’uscita.